Cos’è il whistleblowing e normativa in Italia
Il whistleblowing è uno strumento che permette, alle persone che lavorano in un’azienda pubblica o privata, di segnalare in forma anonima una violazione “di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato” (articolo 1, comma 1 del D.Lgs. 24/2023).
Non è raro, infatti, che siano proprio coloro che lavorano all’interno di un’azienda a venire a conoscenza diretta di comportamenti illeciti, frodi o reati compiuti da terzi e che spesso non vengano segnalati, per paura di ritorsioni nei propri confronti.
Il tema del whistleblowing, in Italia, è stato regolamentato dapprima nel settore pubblico, con la legge 90/2012, con l’obbligo per le PA di dotarsi di sistemi di prevenzione alla corruzione e meccanismi di whistleblowing.
Ora, con il D.Lgs. 24/2023, l’Italia ha recepito la Direttiva UE 2019/1937 sul whistleblowing, con l’obiettivo appunto di garantire un elevato livello di protezione a chi effettua le segnalazioni sopra menzionate.
La nuova normativa tutela, dunque, i “whistleblowers” senza distinzione tra ambito pubblico e privato, considerando come tali tutti coloro che sono collegati a un’organizzazione e che potrebbero avere ritorsioni in caso di segnalazione di una violazione (le misure di protezione includono, ad esempio, anche i “facilitatori“, ovvero coloro che aiutano il segnalante nel processo di segnalazione e la cui assistenza deve essere mantenuta riservata. Oppure colleghi o persone dello stesso contesto lavorativo).
È importante ricordare (come da definizione del nuovo decreto) che per “ritorsione” viene inteso “qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica e che provoca o può provocare alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto“.
Whistleblowing: le tipologie di segnalazione
Le segnalazioni effettuate dai whistleblowers possono essere di tre tipologie. Nello specifico:
- segnalazione interna: la comunicazione, scritta o orale, viene presentata tramite un apposito canale interno all’organizzazione pubblica o privata. Questo canale di segnalazione deve garantire la riservatezza dell’identità della persona segnalante, di quella coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, oltre al contenuto e alla relativa documentazione;
- segnalazione esterna: la comunicazione, scritta o orale, avviene tramite un canale esterno, attivato dall’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) e che sappia garantire le tutele di riservatezza menzionate al punto precedente;
- divulgazione pubblica: vengono rese di pubblico dominio informazioni sulle violazioni tramite la stampa o mezzi elettronici, o comunque tramite mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone. La persona segnalante beneficia della protezione prevista dal decreto solo nel caso in cui: sia stata effettuata una segnalazione interna o esterna, cui non è stato dato riscontro sulle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni; la persona segnalante ha un fondato motivo per ritenere che la violazione possa rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse; la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o non avere un seguito efficace (es. per il rischio di prove occultate o distrutte).
Tra i temi affrontati nel decreto 24/2023, inoltre, si fa riferimento anche a:
- obbligo di riservatezza (art. 12): le segnalazioni non possono essere usate oltre quanto necessario per dare seguito alle stesse, e l’identità della persona segnalante non può essere direttamente o indirettamente rivelata senza il consenso della stessa;
- trattamento dati personali (art. 13): ogni trattamento, compresa la comunicazione tra le autorità competenti, deve essere effettuato a norma del regolamento (UE) 2016/679, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51;
- conservazione della documentazione sulle segnalazioni (art. 14): deve essere sempre conservata per il tempo necessario al trattamento della segnalazione, e comunque non oltre i 5 anni dalla comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione.
Whistleblowing: le sanzioni previste
Il decreto 24/2023, all’articolo 21, specifica quali sono le sanzioni amministrative pecuniarie che l’ANAC può applicare al responsabile (fermi restando gli altri profili di responsabilità).
In particolare, sono previste sanzioni:
- da 10 mila a 50 mila euro, quando vengono accertate ritorsioni, quando la segnalazione è stata ostacolata (o si è tentato di farlo) oppure quando viene violato l’obbligo di riservatezza;
- da 10 mila a 50 mila euro, quando non sono stati istituiti canali di segnalazione, quando non sono state adottate le procedure di effettuazione e gestione delle segnalazioni oppure qualora non sia stata svolta attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;
- da 500 a 2.500 euro, “nel caso di cui all’articolo 16, comma 3, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile“.